Troppi
piedi calpestano il nostro pianeta? L'inganno demografico
Decenni di previsioni demografiche catastrofiche hanno imposto politiche di pianificazioni
famigliare sconsiderate ai Paesi poveri
Di Giovanni Pellegri
Diecimila anni fa il mondo era abitato da piccole comunità neolitiche,
gli abitanti dell'intero pianeta corrispondevano al numero di abitanti odierni
della Svizzera. Durante i millenni successivi la situazione si mantenne stabile,
fino a questo secolo, quando in soli 50 anni si verificò un incremento
demografico maggiore di quello registrato nel corso delle centinaia di migliaia
di anni trascorsi dalla comparsa dell'uomo fino al 1950! L'11 luglio 1987 il segretario
generale dell'ONU, Pérez de Cuéllar diede il benvenuto a Matey Gaspar,
il quinto miliardesimo abitante del nostro pianeta. Tra pochi mesi, mentre Gaspar
è ancora bambino, assisteremo già alla nascita del sesto miliardesimo
abitante della Terra. Il 17 maggio 1998, alle 17.30, i contatori della popolazione
terrestre davano 5'915'559'536 individui con un incremento giornaliero di 230'000
persone.
Da circa 50 anni le agenzie dell'ONU e le organizzazioni che lavorano per il controllo
delle nascite ci stanno mettendo in guardia contro gli effetti devastanti di questa
esplosione demografica: sovraffollamento del pianeta, esaurimento delle risorse
naturali, carestie, milioni di morti per fame, pestilenze e guerre. Tutte le profezie
sono simili e si possono riassumere con lo slogan: "Un pianeta non basta
più!" Ma è vero che siamo in troppi? Le costose campagne di
controllo delle nascite applicate nei Paesi poveri sono giustificabili per la
salvaguardia dell'intera umanità?
UN PIANETA BASTA E AVANZA
Alcune immagini pongono interrogativi preoccupanti. Pensiamo a Wall Street fotografata
verso mezzogiorno, o ad una spiaggia emiliana a Ferragosto, ma anche alle tristi
bidonville di Calcutta. Il sentimento di sovraffollamento è evidente, ma
si tratta di una percezione per nulla rappresentativa della disponibilità
effettiva degli spazi sul nostro pianeta. Infatti, anche con il doppio della popolazione
attuale e tenuto anche conto del conseguente raddoppiamento delle aree da devolvere
all'agricoltura, la densità della popolazione calcolata sulle rimanenti
superfici abitabili, "arriverebbe a 184,1 persone per kmq, cioè resterebbe
inferiore a quella odierna dell'Italia, calcolata senza sottrarre le superfici
inabitabili e quelle destinate ad uso agricolo" (1). Quindi anche sottraendo
,tutte le superfici del nostro pianeta non abitabili e ammettendo una crescita
della popolazione ai ritmi attuali, nel 2200 il nostro pianeta risulterebbe abbastanza
vuoto. A queste osservazioni va aggiunto che l'equazione nazione sovraffollata
= nazione povera non è per niente confermata. "Dei 21 Paesi più
poveri del mondo solo 7 hanno una densità superiore ai 100 abitanti per
kmq, mentre fra i 21 Paesi più ricchi ben 12 superano questa cifra e cinque
di loro (Giappone, Belgio, Singapore, Hong Kong) hanno una densità più
alta di quella dell'India" (2).
Insomma, la povertà non è la conseguenza della sovrappopolazione
ma deriva da fattori più complessi che coinvolgono l'economia e le scelte
politiche. A dimostrazione di quanto detto, basta guardare la densità dei
Paesi più duramente colpiti da carestia e fame negli ultimi anni. Sono
tutti Paesi a bassa densità di popolazione (i 6 Paesi toccati dalla grande
carestia del 1973 avevano globalmente una densità di 4 abitanti per kmq,
l'Italia ne ha 191 per kmq).
CI STIAMO NUTRENDO A SPESE. DEI NOSTRI FIGLI?
Per vivere non basta avere spazio, bisogna anche mangiare. Potrà la Terra
sfamare gli 11-12 miliardi di persone che l'abiteranno tra 200 anni? Da tempo
si sta ripetendo che la produzione alimentare non basterà per tutti. Tuttavia,
contrariamente a quanto si pensa, la produzione di cibo nel Terzo Mondo sta crescendo
più velocemente della popolazione (3). Inoltre nel 1980 la FAO ha calcolato
che solo il 40% delle terre potenzialmente coltivabili, sono sfruttate.
Non si possono tuttavia nascondere alcuni dati preoccupanti: il caso Africa ne
è uno. Questo continente rappresenta infatti l'unica tendenza controcorrente.
L'Africa non produce abbastanza cibo, ma le cause non sono né le superfici
ridotte e nemmeno il sovraffollamento. Infatti, l' Europa con la più alta
densità di popolazione, ha un sovrapproduzione di cibo pari a 30 milioni
di tonnellate (4).
Le cause del sottosviluppo, come già detto, vanno evidentemente ricercate
in scelte politiche ed economiche disastrose, come quelle che hanno permesso di
dirottare gli investimenti per lo sviluppo, dall'agricoltura verso gli armamenti.
Gli sforzi di rilancio dell'economia sono stati, in alcuni casi, resi vani da
conflitti e guerre civili (ricordiamo che Angola, Mozambico, Ciad, Etiopia, Somalia,
Burundi, Congo, Sierra Leone, Uganda e Sudan sono stati tutti Paesi toccati dalla
fame ma anche regioni colpite da pesanti guerre civili; vedi articolo in questa
rivista a pagina 28).
Nell'immaginario collettivo la sovrappopolazione è subito indicata come
la causa principale della morte di fame di milioni di bambini. Si crede che se
i poveri avessero meno figli, avrebbero più cibo. L'opinione pubblica è
convinta anche che le donne del Terzo Mondo rimangano incinte per caso, senza
che esse desiderino realmente la nascita dei propri figli. Sono luoghi comuni
sbagliati, ma da sempre utilizzati per motivare le costosissime campagne per il
controllo della popolazione, indette come se fossero interventi umanitari essenziali
alla salvezza dei Paesi poveri. Preoccupazione per niente altruista se analizzata
alla luce dell'indifferenza totale con cui la comunità internazionale guarda
alle carestie dell'Africa.
Le analisi globali della produzione alimentare mondiale sono oggi più ottimiste
di cinquant'anni fa, quando si predicevano scenari apocalittici già per
l'anno 2000. John Bongaarts direttore della Research Division del Population Council
di New York, su una nota rivista scientifica concludeva le sue analisi affermando
che "tecnologicamente è possibile riuscire a sfamare una popolazione
mondiale in aumento migliorandone nel tempo sia quantitativamente, sia qualitativamente
l'alimentazione" (5). II problema degli importanti investimenti da attuare
per il rilancio dell'agricoltura nei Paesi dipenderà `dalla capacità
dei Governi di progettare e attuare una politica efficace che affronti le sfide
poste dalla popolazione in crescita ..." (6). Una condizione essenziale posta
come condizione per poter sfamare le generazioni future è che la crescita
della popolazione non sia esponenziale. Ma questo non sta avvenendo come presentato
nel riquadro a pagina 8.
IL PRESERVATIVO NON RISOLVE IL PROBLEMA ECOLOGICO
Il movimento per il controllo delle nascite dopo aver esaurito come argomento
fondamentale l'incubo della sovrappopolazione (utilizzato negli anni '70) e le
risorse alimentari (proclamato nel gli anni '80), negli anni '90 ha scopertine/coperto una
nuova pi sta. L'eccessiva popolazione è responsabile dell'esaurimento delle
risorse e dell'inquinamento ambientale. La sintesi tra teorie neo malthusiane
ed ecologia ha creato nell'opinione pubblica una serie diimmagini non sempre
corrette. Il problema ambientale esiste, ma non necessariamente è collegabile
con l'ipotetica sovrappopolazione. Infatti, l'inquinamento non è direttamente
proporzionale al numero di abitanti, bensì all'uso di tecnologie inquinanti.
Basti pensare ad alcune regioni dell'Europa dell' Est che, sebbene non abbiano
una densità di popolazione maggiore al resto d'Europa, possiedano livelli
di inquinamento molto superiori agli altri Paesi. È in negabile che le
attività umane causeranno un maggior inquinamento del nostro Pianeta, ma
non saranno di certo le campagne di distribuzione di preservativi o le sterilizzazioni
di massa a portare un contributo all'ecologia del pianeta. Anche in questo caso,
le decisioni importanti che potranno dare alcune risposte al problema ambientale
sono esclusivamente di natura economica e politica.
Le risorse ancora a disposizione non sono invece quantificabili perché
"il concetto di risorsa non è definito dalla natura, ma dalla tecnologia
umana che rende sfruttabile una determinata componente della natura" (7).
Nuove tecnologie per sfruttare o riciclare le risorse energetiche sono costantemente
utilizzate e parallelamente sono scopertine/coperte nuove risorse naturali. Questi sono
i dati che ci invitano ad essere ottimisti, a meno che vogliamo ignorarli e fare
come quel grande sociologo inglese che predisse nel 1865 la fine della produzione
industriale a causa dell'esaurimento dei giacimenti di carbone.
DENATALITÀ AD OGNI COSTO
Le previsioni demografiche associate alle analisi sulle disponibilità di
risorse, di spazi e di cibo dimostrano che le sciagure terrificanti previste per
il prossimo futuro, non avverranno. La popolazione mondiale troverà il
suo assestamento attorno all'anno 2200 con 11 miliardi di persone. Da circa cinquant'anni,
le diverse agenzie dell' ONU, insieme alla più importante organizzazione
che lavora per il controllo delle nascite (IPPF, Federazione Internazionale per
una paternità e maternità pianificata), e il Governo americano stanno
stanziando miliardi di dollari per il controllo delle nascite su scala mondiale,
applicando modelli di intervento che hanno radici culturali in una grave, sebbene
mascherata, forma di eugenismo applicata sulle popolazioni più bisognose
di aiuto. L'introduzione capillare della cultura "meno figli, più
cibo" voluta dai Paesi ricchi ha avuto spesso risvolti raccapriccianti. La
politica del figlio unico nella Cina popolare introdotta con decine di migliaia
di aborti forzati, oltre che punizioni e perdita del lavoro o di assistenza sociale
per chi osava mettere al mondo un figlio di troppo, ne è un triste esempio.
Mentre le agenzie dell'ONU citano il modello cinese come esempio di intervento
anche per altri Paesi, i cronisti di giornali americani descrivono lo sconforto
delle donne cinesi "vittime di retate per essere poi costrette ad abortire",
"sbattute in galera o trascinate davanti a processi pubblici e arringate
fino a strappare loro il consenso all'aborto" (8). LIFFP continuò
a sostenere questo programma a suon di milioni di dollari fino a quando davanti
alle atrocità descritte sui rapporti, l'amministrazione Reagan nel 1984
decise di sospendere i finanziamenti a certi tipi di programmi.
Negli anni '70 vere e proprie sterilizzazioni di massa furono attuate in India
con proposte di baratto di vasectomie contro forme di sviluppo. 'In Bangladesh
si sono sfruttate invece le catastrofi naturali...gli aiuti di emergenza in viveri
venivano dati alle donne che accettavano di farsi sterilizzare. (...) A Singapore
il governo ha aumentato la retta ospedaliera per ogni figlio aggiuntivo, ha abolito
i permessi per la maternità e la priorità data alle famiglie ampie
nelle assegnazioni delle case"'. In Brasile in cinque anni sono state sterilizzate
7,5 milioni di donne, spesso senza l'adeguata informazione sulla natura dell'intervento.
Questo programma sostenuto dall'IFFP con 32 milioni di dollari fu denunciato dal
ministro della sanità brasiliano in quanto la sterilizzazione nel suo Paese
era proibita.
Le organizzazioni per il controllo delle nascite parlano sempre di libera scelta
delle donne ma difficilmente si può credere a queste parole quando nell'America
Latina il 50% delle donne in età fertile sono state sterilizzate, contro
il 14,2% dei Paesi ricchi. Anche il consenso informato è molto dubbio quando
per anni si sono sperimentati sulle donne del Terzo Mondo diversi contraccettivi
non commercializzati nei Paesi ricchi. Il metodo contraccettivo sottocutaneo Norplant
per esempio, negli anni '80 era vietato negli USA ma testato in 44 Paesi del Terzo
Mondo. "Per introdurre un prodotto nuovo vanno usate delle ../../../../ che lo
rendono attraente come se si trattasse della Coca Cola" disse il primo ministro
Indonesiano durante una conferenza stampa in risposta a chi domandava se le donne
erano informate sugli effetti del trattamento. Il contraccettivo veniva, infatti,
presentato come un trattamento di bellezza.
Rapidamente quello che inizialmente sembrava essere una campagna informativa sui
metodi anticoncezionali si trasformò in una cultura antinatalista totalizzante
fatta penetrare su tutti i livelli della società: in alcuni Paesi il prestito
in Banca veniva assegnato solo se la persona si sterilizzava, in altri, alle cinque
di sera, suonavano le sirene per ricordare alle donne di prendere la pillola,
ai giovani venivano proposti teatri e canzoni con lo scopertine/copo di far passare l'immagine
della famiglia ideale con un sol figlio. Anche le attese ai passaggi a livellò
erano sfruttate per proporre ritornelli propagandistici.
IL BOOM SI È FERMATO: UN SUCCESSO PER LA POLITICA ANTINATALISTA?
Le associazioni di controllo delle nascite gridano vittoria. In Thaìlandia
la fertilità è precipitata del 50%, in Indonesia la fertilità
è scesa del 46%, In Colombia nel 1975 si registravano 4,7 figli/donna nel
1987 sono solo 2,3. I promotori di queste campagne affermano che "il 90%
delle variazioni di fertilità trova una spiegazione nella diffusione della
contraccezione, (...) di cui il più usato è la sterilizzazione femminile
volontaria". Ma anche qui le informazioni non sono chiare. A mia conoscenza
lo studio più ottimista citato nelle pubblicazioni scientifiche ha dimostrato
che i programmi di pianificazione familiare hanno contribuito per il 39% al declino
delle nascite. Ciò significa che il declino è in verità avvenuto
principalmente per altri motivi (contributo del 61 %). Altri studi, forse più
realisti, riportano successi più blandi: i programmi di pianificazione
familiare avrebbero infatti inciso solo per il 10 40% sulla diminuzione della
natalità. Di conseguenza i fattori che hanno maggiormente inciso sulla
diminuzione della natalità non hanno nulla a che vedere con i programmi
di pianificazione familiare. Questi altri fattori hanno infatti contribuito al
declino delle nascite per il 60 90%.
Ma quali sono questi fattori? Sono gli stessi che hanno determinato la netta diminuzione
della fertilità in Europa dopo la Rivoluzione industriale. In seguito al
boom demografico europeo del XVII secolo, infatti si verificò in Europa
una diminuzione degli indici di mortalità in seguito al miglioramento delle
condizioni di vita e ai progressi della medicina. Ne conseguì un rapido
aumento della popolazione seguito successivamente dalla caduta degli indici di
fertilità. Si tratta di un'evoluzione demografica naturale. Esattamente
come avvenne nell'Europa della Rivoluzione industriale, lo stesso fenomeno è
in atto nei Paesi del Terzo Mondo con la sola differenza che i meccanismi di crescita
ma anche quelli di assestamento sembrano essere molto più rapidi. La transizione
demografica in atto porterà quindi queste Nazioni a raggiungere come i
Paesi ricchi una "crescita zero" nel giro di 100 anni. La popolazione
mondiale troverà allora il suo equilibrio.
Le campagne per il controllo delle nascite, apparentemente messe in atto per il
bene dell'umanità intera, sono il frutto di una cultura devastante capace
di penetrare nella sfere più intime della persona umana, togliendola dai
suoi valori tradizionali e sociali in nome di un controllo totalizzante che pretende
di imporre un unico modello di famiglia e di società. Dopo l'illusione
dei contraccettivi come unica via per lo sviluppo, quale altro prodotto economicamente
interessante sapremo offrire al Terzo Mondo? La Chiesa cattolica da più
di mezzo secolo afferma che le radici del sottosviluppo sono da ricercarsi non
già nella sovrappopolazione, ma nello squilibrio delle relazioni internazionali
e in cause interne ai Paesi in via di sviluppo. Una voce solitaria, spesso incompresa,
ma che alla luce dei fatti, si dimostra ancora una volta vicina ai valori fondamentali
dell'uomo. "La Chiesa non può accettare che le popolazioni più
povere siano trattate come capri espiatori per il sottosviluppo" , ed "ha
sempre ritenuto che il controllo sistematico delle nascite, che usa direttamente
o indirettamente metodi coercitivi per controllare la popolazione, non contribuisce
a un autentico sviluppo umano ... sarebbe un grave abuso di potere, intellettuale,
morale e politico, presentare le campagne antinataliste a volte associate con
violenze morali e fisiche come le più appropriate espressioni di aiuto
da parte delle popolazioni ricche verso le più svantaggiate" (9).
Oggi la Chiesa attraverso il Pontificio Consiglio per la Famiglia ripropone un
nuovo documento (10) che deve divenire uno spunto di riflessione per tutti, affinché
possa rinascere una cultura capace di guadare all'uomo (anche a quello povero)
nella sua integralità. È indispensabile rimettere il problema demografico
all'interno di un antropologia rispettosa dell'uomo, perché tutte le scelte
apparentemente tecniche messe in atto per combattere l'esplosione demografica
sono state, in verità, delle scelte e dei giudizi di valori. Questo permetterà
di guardare anche al problema del sottosviluppo in maniera differente.
DATI
E ULTIME PREVISIONI
Per parecchi anni le varie agenzie dell'ONU ci hanno bombar dati con drammatici
appelli: siamo in troppi, le risorse non basteranno, l'ambiente verrà
distrutto, la catastrofe è imminente. Al pubblico si presentava il
noto grafico della crescita esponenziale della popolazione che illustrava
le stime sul numero di abitanti del nostro pianeta, calcolato tenendo conto
di un tasso di crescita costante e uguale a quello in vigore nell'anno della
stima. Tuttavia i tassi di fertilità dell'umanità sono in
costante diminuzione e anche le previsioni più recenti sono costantemente
e smentite dai fatti. Tra il 1965 e il 1970 il tasso di crescita annuo della
popolazione mondiale fu del 2,1 (il massimo della storia). Tra il 1970 e
il 1990 fu del 1,72 per cento. Nel 1974, proclamato dall'ONU anno mondiale
della popolazione, si stimò per la fine del secolo un tasso di crescita
pari al 1,7 per cento. I fatti rivelarono però un tasso di crescita
più basso ed equivalente al 1,48 per cento per gli anni 1990 95,
smentendo sia le previsioni elaborate negli anni '70 che quelle elaborate
negli anni '80. Sebbene il tasso di crescita sia in costante diminuzione
ogni anno il nostro pianeta ha un incremento di 81 milioni di persone. Queste
cifre rappresentano una seria minaccia sul nostro futuro? Saremo tutti vittime
dell'esplosione della bomba demografica? Riccardo Cascioli, autore del libro
"Il complotto demografico" risponde che "se ci manteniamo
entro un ragionamento scientifico dobbiamo dire di no. Ciò che stiamo
vivendo infatti non è un periodo di esplosione, ma piuttosto di transizione
demografica. L'attuale aumento della popolazione è temporaneo e la
popolazione tende perciò a stabilizzarsi". La sua affermazione
è confermata dalle ultime stime elaborate dall'ONU. Esse prevedono
per il 2050 una popolazione mondiale di 9,4 miliardi di persone, 10,8 miliardi
per il 2150 e 11 miliardi per il 2200, anno in cui la popolazione mondiale
dovrebbe trovare un suo assestamento e non crescere ulteriormente. Nella
classifica delle nazioni più popolate spicca la Cina con 1,23 miliardi
di persone seguita dall'india (945 milioni), dagli USA (269 milioni), Indonesia
(200 milioni), Brasile (161 milioni). Chissà perché gli esperti
dell'ONU sono d'accordo nel giudicare positivo à un intervento di
controllo delle nascite in Brasile o in Indonesia, mentre nessuno abbia
mai considerato che gli USA, terzo Paese più popolato del nostro
pianeta, rappresenti un problema demografico? I rapporti esistenti tra crescita
demografica e sviluppo economico sono forse la chiave di lettura di questa
situazione paradossale. |
IL
COMPLOTTO DEMOGRAFICO DENUNCIATO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA
Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha recentemente presentato la "Dichiarazione
sulla caduta della fecondità nel mondo". Senza mezzi termini
il Pontificio Consiglio accusa la falsità delle interpretazioni sull'evoluzione
mondiale della popolazione umana. "Da troppo tempo quasi tutti i discorsi
sulla popolazione propugnano un'idea globale erronea secondo la quale il
mondo sarebbe prigioniero di una crescita demografica esponenziale, ossia
galoppante che condurrebbe a una esplosione demografica". In risposta
a queste analisi il Consiglio ha recentemente riunito, in diverse occasioni,
esperti di fama mondiale per capire le evoluzioni demografiche dei diversi
paesi del mondo. Questi esperti hanno presentato dei dati chiari, tra l'altro
conosciuti già da parecchi anni: "il calo della fecondità
che da vent'anni colpisce la maggior parte dei Paesi industrializzati si
sfa espandendo a un numero crescente di Paesi in via di sviluppo".
Il Pontificio Consiglio denuncia quindi le politiche di controllo delle
nascite perché in totale contraddizione con le reali evoluzioni demografiche.
"Da trent'anni il tasso di crescita della popolazione mondiale non
cessa di dia un ritmo regolare e significativo. Dopo aver registrato un
calo impressionante di fecondità, 51 Paesi del mondo (su 185) non
riescono più a garantire il ricambio generazionale. Precisiamo che
questi 51 Paesi rappresentano il 44% della popolazione del pianeta".
Ora anche in seno ad alcune agenzie dell'ONU si comincia a riconoscere la
verità dei fatti demografici. Tuttavia il Consiglio non può
che deplorare le campagne di sterilizzazione svolte nei paesi poveri, su
popolazioni innocenti ed indifese. "Le si inganna deliberatamente spingendole
ad acconsentire alla loro mutilazione con il pretesto menzognero che questa
è la coniezione previa al loro sviluppo" (...). È urgente
che l'opinione pubblica e i responsabili siano perfettamente informati di
tali evoluzioní. È parimenti urgente scartare i dati falsi,
spesso citati nelle presentazioni per mascherare sofismi puramente ideologici,
per Con parlare poi delle falsificazioni delle statistiche". Il Pontificio
Consiglio per la famiglia invita infine tutti gli uomini di buona volontà
e in particolare le associazioni cristiane a far conoscere la realtà
obiettiva delle evoluzioni demografiche. Il documento completo può
essere richiesto presso la redazione di Caritas Insieme.
|
(1) Rodolfo Casadei, Bambini da buttare, in Mondo e Missione,
giugno-luglio 1992, p. 391.
(2) Riccardo Cascioli, Il Complotto demografico, Ed. Piemme. Casale
Monferrato, 1996.
(3) Amartya Sen, La bugia demografica, in La Rivista dei libri,
febbraio 1995.
(4) Laurie Tychsen, Too Many People?, Greenlawn Press, 1986.
(5) John Bongaarts, Crescita demografica e produzione alimentare, in
Le scienze, maggio 1994.
(6) Robert Whelan, The Use of Force in India e Christopher Wren, Chinese
region showing resistance tonational goals for birth control, New York
Times, citato in Riccardo Cascioli, Il Complotto demografico.
(7) Jacquelin Kasun, The War Against Population, Ignatius Press, San
Francisco, 1988, citato in Riccardo Cascioli, Il Complotto demografico.
(8) Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dimensioni etiche e pastorali
delle tendenze demografiche, 1994.
(9) Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dichiarazione sulla caduta della
fecondità nel mondo, 1998.